Il sistema di Video Assistant Referee, meglio noto come VAR – entrato in funzione in Serie A nella stagione 2017-18 – è stata la più grande rivoluzione che ha coinvolto il mondo del calcio negli ultimi decenni, cambiando schemi, abitudini e fruizione di uno sport che da secoli mantiene lo stesso copione. “La prima volta che si è parlato di VAR in Italia è stato con Roberto Rosetti, che ci ha parlato di questa vera e propria rivoluzione copernicana”, spiega Gianpaolo Calvarese – ex arbitro che con la sua esperienza ci racconta l’introduzione del VAR nel mondo del calcio. “Nel 2016 il primo esperimento off-line, Torino-Fiorentina, c’ero io in campo e Massimiliano Irrati al VAR, insieme al presidente dell’AIA”.
Un cambiamento epocale di cui abbiamo da subito visto i frutti, lasciando da parte le inevitabili polemiche: “Il VAR ha cambiato la vita degli arbitri in positivo, senza dubbio: tutti i direttori di gara hanno un solo obiettivo – sbagliare il meno possibile. Questo è uno strumento che va in quella direzione. Prima, chiunque avrebbe pagato per rivedere un proprio errore e correggerlo o per dare uno sguardo a un’azione”. Stiamo quindi parlando di un fattore tecnologico che ha certamente perfezionato il gioco, un po’ come successo con l’introduzione della VPN per navigare con maggiore sicurezza sul web.
Come il VAR ha cambiato il modo di arbitrare e di prepararsi a una gara
Continua sempre Calvarese, parlando dell’approccio alla partita e di come bisogna lavorare per acquisire le giuste competenze per ricoprire il ruolo di assistente VAR: “Per una vita siamo stati abituati ad arbitrare consapevoli dell’effetto immediato delle nostre decisioni, mentre con il VAR l’ottica viene completamente ribaltata. Si è arrivati ad alcune situazioni in cui bisogna ritardare il fischio: per decenni abbiamo lavorato sulla reattività nel valutare l’evento che avevamo davanti, poi è cambiato il paradigma. Non è più l’arbitro da solo al centro, ma tutto quello che gli gira attorno formato da tecnologia. Anche il modo in cui ci si prepara a una partita è completamente diverso quando si pensa al VAR: lasciando da parte l’esperienza frutto del lavoro sul campo da arbitro, bisogna lavorare in un ambito completamente diverso.”
Quindi, l’ex ufficiale, aggiunge: “Essere vicino ai giocatori, sentire il pubblico, il rumore del tocco e l’interazione tra gli atleti è una sinestesia di sensi lasciata dalle sensazioni forti che ci circondano. Sei portato a decidere anche grazie a tutti questi enormi segnali dettati dal gioco. Nel VAR è tutto asettico, sei da solo con l’operatore, le cuffie e parli solo con l’arbitro: per quello serve una preparazione tecnica, dove il contatto è con le immagini sullo schermo e parte dalla conoscenza dello strumento tecnologico, con l’esperienza di campo a supportare la scelta, anche se la decisione è dettata soltanto da ciò che evidenzia la tecnologia”.
Il VAR e la comunicazione: le ragioni per cui gli errori vanno accettati
Lavorando con una tecnologia così giovane, è fondamentale capire che l’approccio non può pretendere che non ci siano passi falsi: “La sinergia è fondamentale – prosegue Calvarese – in una gara di Champions League di qualche tempo fa ero presente quando un assistente che faceva parte di una terza molto rinomata che ha alzato la bandierina in maniera errata. I calciatori si sono inizialmente fermati, poi l’arbitro giustamente ha fatto cenno di proseguire e mentre alcuni giocatori erano immobili, l’altra squadra ha segnato un gol. Questa discrasia può costare davvero cara. È un esempio per sottolineare l’importanza della comunicazione, sia in campo che con la sala VAR. Sicuramente va settata in maniera ottimale, ma dobbiamo dirci la verità: è una tecnologia introdotta da poco tempo, bisogna affinarla con il tempo, il calcio esiste da centinaia di anni. Il VAR ne ha meno di dieci. Gioco forza, bisogna accettare questi errori, consapevoli del fatto che anche la decisione sbagliata deve essere compresa dalla comunità del gioco del calcio. Si chiama “Football understanding”, vuol dire che il mondo deve capire quello che gli arbitri comunicano nel corso del match: c’è ancora da lavorare, ma stiamo seguendo la strada giusta. Ragionando poi di interventi in ambito soggettivo, sappiamo che il VAR, la tecnologia o le telecamere non metteranno mai tutti d’accordo”.
Il VAR e la su possibili evoluzioni: cosa può cambiare nei prossimi anni
Si guarda poi soprattutto a quello che potranno essere le implementazioni future della tecnologia e ai futuri cambiamenti: “I limiti al momento sono soprattutto quelli legati all’esperienza, lo sforzo dell’IFAB è di ampliare sempre più il protocollo del VAR – come ad esempio le modifiche che potrebbero portare a intervenire anche in caso di doppio giallo (casistica che al momento non è contemplata). Si pensa addirittura eventualmente a correggere l’assegnazione di un calcio d’angolo – tipologie di decisioni che raccontano come si entrerebbe poi veramente nel dettaglio. Al momento sono quattro le situazioni che il VAR controlla: cosa succede prima di un gol, scambio di persona, rigore e cartellino rosso. Modificare il protocollo potrebbe dire spezzettare per davvero il gioco del calcio, cambiandone l’emotività dei protagonisti e del pubblico. Andare a interrompere troppo di frequenta diventa difficile. L’altra implementazione riguarda ciò che accade già in altri sport, ossia la possibilità di chiamare un challenge – dare alle parti in causa, alle squadre in campo, l’opportunità di richiedere una revisione VAR, interrompendo il gioco nel caso in cui ritengano ci sia un errore”.
Decisioni che dovranno tenere conto di quelle che saranno le evoluzioni degli strumenti: “Ci saranno sicuramente dei passi avanti tecnologici: il palmare sull’orologio dell’arbitro per rivedere l’azione direttamente in campo per ridurre i tempi di decisione, oppure usando la realtà aumentata da proiettare al centro del terreno di gioco – come già si vede in alcune trasmissioni TV. Mantenendo fede alle ragioni per cui è nato il VAR: dare a tutti il modo di vedere e di capire la decisione.”
Il modello americano e gli arbitri microfonati
Infine, Calvarese si è spinto ad una analisi più approfondita rispetto alla trasparenza arbitrale nel momento in cui devono prendere una decisione. L’esempio è quello americano dove in NFL gli ufficiali in campo vengono microfonati preventivamente e i loro dialoghi sono trasmessi in diretta live durante i match di competenza.
“Durante gli ultimi Mondiali si è provato ad ascoltare la voce dell’arbitro, facendo ascoltare a tutto lo stadio la sua decisione: è un esperimento che va in una direzione che in Italia sta prendendo piede. Tutto quello che fa spettacolo e rende visibile e credibile il prodotto calcio deve essere messo in primo piano. Un modo in più per rendere appetibile il prodotto calcio, senza dimenticare che non bisogna bypassare delle regole sacrosante – come l’opportunità da parte del giudice sportivo di prendere in totale autonomia le sue decisioni che non possono essere influenzate dalla pubblicazione di contenuti riservati”.
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